Tra meno di un mese si voterà per le regionali. Dopo settimane di voci, trattative, candidature e liste che hanno saturato un dibattito spesso autoreferenziale e un po’ nauseante, si può finalmente tornare a parlare di contenuti? Si può discutere di politiche concrete, di ciò che tocca davvero la vita delle persone, delle imprese e dei territori? Attenti però la Regione non è il Comune dove ci si candida per amministrare. La Regione fa leggi e programmazione in settori strategici per lo sviluppo e la vita dei cittadini.
L’agricoltura è uno di questi settori, e’ materia eminentemente regionale. Interessa ancora ai partiti, alle liste, ai candidati
?Mi permetto di offrire qualche riflessione da vitivinicoltore, dopo un’esperienza politica e amministrativa maturata proprio in ambito regionale. L’agricoltura brindisina non è solo un settore produttivo: è una parte viva della nostra identità, del paesaggio e della storia di questo territorio.
Ho più volte sostenuto che Brindisi non è solo porto e industria.
Dalle campagne che circondano la città fino alle aree interne della provincia, l’agricoltura è una delle colonne portanti della nostra economia e della nostra cultura.
È il settore che più di ogni altro ha plasmato il paesaggio, mantenuto vivi i luoghi, custodito saperi antichi e trasmesso valori di comunità e di lavoro.
Nonostante i danni della Xylella, il comparto agricolo provinciale continua a occupare migliaia di addetti diretti e un numero crescente di operatori collegati, dal turismo rurale alla trasformazione agroalimentare, fino alla logistica e ai servizi.La quota di occupati in agricoltura nella provincia di Brindisi è di circa 11.500 persone, pari al 14,3% del totale: un dato superiore alla media nazionale. Di questi, il 40% sono donne, segno di una vitalità e di una specializzazione di rilievo. In provincia risultano attive oltre 7.000 imprese agricole.
Eppure, di tutto questo, non c’è una piena consapevolezza nei livelli istituzionali, amministrativi e nelle stesse rappresentanze politiche.
In vista delle elezioni regionali, è tempo di riportare anche l’agricoltura al centro dell’agenda politica.
Non solo per affrontare le sue criticità – mancanza d’acqua, tributi consortili, caporalato, Xylella, speculazione sui prezzi ai produttori – ma per immaginare una strategia di lungo periodo.
Perché nel Brindisino l’agricoltura non è un settore del passato: è una risorsa viva, strategica, identitaria.
Un motore che tiene insieme economia, paesaggio e comunità.
Dalle vigne al mare, dalle masserie all’entroterra, il lavoro agricolo tiene in vita il territorio, genera occupazione e custodisce un patrimonio di saperi e valori che non può essere disperso.
È anche un presidio territoriale: mantiene il paesaggio, contrasta l’abbandono delle campagne e rende attrattivo il territorio per un turismo nuovo, fondato su esperienze autentiche e sostenibili.
Oggi, per esempio, l’enoturismo, l’oleoturismo, le masserie didattiche e le aziende agricole multifunzionali sono realtà in crescita, capaci di raccontare la Puglia e generare valore. Il nostro territorio ha davanti a sé una straordinaria opportunità: quella dell’agricoltura sostenibile e biologica.
Brindisi è già una delle province pugliesi con la più alta percentuale di superficie agricola certificata bio.
Sta emergendo una nuova generazione di agricoltori che unisce tradizione e innovazione, qualità e rispetto per l’ambiente, mercato e identità.Ma questo potenziale non è ancora pienamente espresso.
Servono politiche di filiera, cooperazione tra imprese, promozione coordinata dei prodotti, infrastrutture moderne e un vero patto territoriale che unisca agricoltura, turismo, cultura e formazione.
L’agricoltura brindisina può diventare il cuore di un modello di sviluppo equilibrato, in grado di generare reddito, occupazione e bellezza.
In un tempo di transizione ecologica e sociale, riscoprire il valore della terra significa riscoprire il valore delle nostre radici e della nostra capacità di futuro.
Può essere un laboratorio di sviluppo sostenibile, dove economia, cultura e turismo si incontrano davvero.
Ma per riuscirci serve una visione politica chiara e condivisa, che riconosca il valore di chi ogni giorno lavora la terra e tiene viva la nostra identità.
Il vino può diventare la sfida della visibilità nel nostro territorio. Il vino e l’agricoltura sono parte integrante del paesaggio e dell’esperienza turistica: masserie, vigneti, uliveti e cantine raccontano una terra che vive di bellezza e lavoro.
A Brindisi, la vicinanza tra porto, città, mare e campagne è una ricchezza rara.
Un piano regionale che integri enoturismo, Appia Antica e valorizzazione delle aree interne può diventare anche per i nostri territori la chiave per uno sviluppo equilibrato e sostenibile.
La vitivinicoltura, pur tra le difficoltà che il settore sta affrontando, resta una componente essenziale di questa identità. In provincia di Brindisi si produce circa il 10% del vino pugliese. La DOC Brindisi, istituita nel 1979, interessa circa 3.000 ettari tra Brindisi e Mesagne e valorizza vitigni autoctoni come il Negroamaro e il Susumaniello, simboli della rinascita agricola salentina.
Eppure, il nome “Brindisi DOC” resta poco visibile sui mercati e nelle politiche regionali di promozione del vino pugliese.
E non saranno certo le sagre paesane a valorizzare il vino di Brindisi.
Le prossime elezioni regionali possono e devono essere allora un momento di verità.
Non bastano promesse generiche: servono impegni concreti, scritti nei programmi e realizzati con tempi certi.
Brindisi può e deve diventare “la città del vino e del mare”: un territorio dove qualità del prodotto e bellezza del paesaggio camminano insieme, dando valore alla stessa Puglia e alle sue radici.
Un laboratorio di sostenibilità dove l’agricoltura non è solo economia, ma cultura, paesaggio e vita.
Carmine Dipietrangelo
vitivinicoltore e già amministratore regionale

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