Italia Nostra esprime massima preoccupazione per il Decreto Legislativo n. 401/2017 che indebolisce drammaticamente il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale. Il decreto legislativo n. 401 approvato il 16 giugno scorso con seguente titolo: “Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114, anziché recepire la 2014/52/UE, ne stravolge totalmente i contenuti.
Le finalità di trasparenza e di partecipazione alla base della VIA che la direttiva europea intende perseguire nella legislazione italiana si trasformano in maggiore spazio per arbitrarietà e contrattazione; minor efficacia valutativa e, in alcuni casi, suo annullamento; riduzione della partecipazione dei cittadini alle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale. Il tutto stravolgendo la natura stessa della procedura VIA, strutturata sul principio dell’azione preventiva, diretta a evitare gli effetti diretti/indiretti negativi sull’ambiente e sulla salute umana legati alla realizzazione dei progetti, anziché combatterli successivamente. La struttura della procedura viene concepita per dare informazioni al pubblico e guidare il processo decisionale in maniera partecipata.
Per Italia Nostra il D.Lgs. 401/2017 rafforza il carattere di rapina del sistema delle grandi opere e delle infrastrutture territoriali, a discapito del patrimonio culturale e ambientale del Paese. E ha un profilo potenzialmente criminogeno. Non meraviglia che le “novità” e le “misure per la semplificazione e l’efficacia dei procedimenti” introdotte dal decreto vengano presentate, ancor prima che nelle sedi istituzionali, nella sede di Confindustria. Proprio a quegli imprenditori che trarranno il maggior profitto dallo smantellamento delle procedure di VIA”.
Nove i punti che Italia Nostra contesta: possibilità di presentare solo un “progetto di fattibilità” invece del progetto definitivo; riduzione della partecipazione dei cittadini e delle associazioni alla fase di consultazione pubblica; maggiore ingerenza della politica nelle procedure tecniche; mancanza di requisiti specifici per i componenti della commissione di “esperti” (unico requisito richiesto è aver prestato per 5 anni servizio nella PA); esenzione dalla procedura di VIA anche a casi eccezionali di cui non viene specificata la natura, né l’autorità preposta a stabilire tale eccezionalità; via libera a cantieri abusivi, con la possibilità di assegnare un termine entro il quale avviare un nuovo procedimento di valutazione, consentendo persino la prosecuzione dei lavori; esiguità delle misure sanzionatorie assolutamente inefficaci; applicabilità della nuova disciplina anche ai procedimenti in corso per i quali la Via ha già indicato prescrizioni vincolanti; introduzione della contrattazione tra proponenti e l’autorità competente, trattative che si collocano agli antipodi rispetto alla trasparenza del processo decisionale invocata dalla direttiva europea; introduzione di tempi contingentati per i pareri tecnici, ivi compreso il ricatto ai dirigenti responsabili dell’iter procedurale che ne risponderanno da un punto di vista disciplinare.
Maggiori dettagli sui nove punti contestati
1) Minor definizione di dettaglio nel progetto sottoposto a VIA
Il DLgs 401/2017 elimina l’obbligo di produrre il “progetto definitivo” previsto nella legislazione previgente e introduce la possibilità di presentare solo un “progetto di fattibilità” che, oltre ad essere più lacunoso, successivamente al rilascio dell’autorizzazione consente varianti che saranno sottratte a ogni preventiva valutazione. Proprio a causa di queste lacune e delle occasioni offerte da tale variabilità, infine, i costi dell’opera aumenteranno a dismisura e, come è noto, è questo il terreno fertile per corruzione e malavita organizzata.
2) Riduzione della partecipazione dei cittadini e dell’associazionismo
Il D.Lgs. 401/2017 elimina la fase di consultazione del pubblico nella procedura di “Verifica di assoggettabilità” delle opere a VIA contrariamente al «diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone» (Premessa, punto 19) disposto dalla direttiva 2014/52/UE.
Misure antidemocratiche che tagliano fuori dal procedimento le popolazioni locali e contrastano in modo insanabile con la convenzione di Aarhus, ratificata con Legge 108/2001, impedendo qualsiasi istanza critica e ogni possibile opposizione proveniente dalla cittadinanza, dai comitati e dall’associazionismo.
3) Maggior ingerenza della politica nelle procedure tecniche
La commissione VIA sarà di nomina ministeriale e si avvarrà di un Comitato tecnico istruttorio posto alle dipendenze funzionali del Ministero dell’Ambiente formato da 30 dipendenti pubblici con almeno cinque anni di anzianità di servizio nella pubblica amministrazione» (art 6, comma 3).
Per i trenta «esperti» l’unico requisito è dunque di aver prestato per cinque anni servizio nella PA. Eppure nell’estate 2016 la Corte dei Conti aveva bocciato la commissione VIA, nominata direttamente dal ministro Galletti, per assenza di valutazione comparativa tra i curricula pervenuti.
La norma attuale supera agilmente l’ostacolo giudiziario.
4) Esenzione dalla procedura di VIA anche a “casi eccezionali” di “ignota natura”
L’esenzione dalla procedura di VIA, oltre agli interventi disposti in via d’urgenza, relativi ad opere «che riguardano la protezione civile», viene ora estesa anche a «casi eccezionali» (art. 3, comma 1, lett. h) dei quali non è specificata la natura, né l’autorità preposta a stabilire tale eccezionalità.
Una norma aperta che, consentendo di aggirare la stringente normativa comunitaria, presenta immediati e certi profili di incostituzionalità.
5) Via libera ai cantieri abusivi
Nel caso in cui un’opera stia procedendo in difformità o in assenza di VIA – o nel caso in cui essa sia stata annullata dal TAR o dal Consiglio di Stato – l’autorità competente assegna un termine entro il quale avviare un nuovo procedimento di valutazione, consentendo persino la prosecuzione dei lavori. Non solo, l’abuso, potrà essere iterato, purché nei «termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale» (art. 18, comma 3), termini che – si badi bene – dovrebbe essere proprio la VIA mancante a individuare e definire.
Rientra in questa ipotesi anche la famosa vicenda di Malfatano, sulla costa di Teulada, in Sardegna, una causa vinta dalla nostra associazione davanti al Tar e al Consiglio di Stato, con sentenza confermata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, proprio perché l’intervento edilizio, realizzato in parte, era sprovvisto di VIA.
6) Esiguità delle misure sanzionatorie
Se un’opera non ottempera alle prescrizioni di VIA, «salvo il fatto che non costituisca reato», è prevista una sanzione amministrativa da 35.000 a 100.000 euro. Tali valori sono ridotti a 20.000 e 80.000 euro se il proponente, in possesso di VIA, non ne osserva le condizioni ambientali.
Sanzioni che, di valore risibile rispetto all’ammontare dell’opera e ai proventi che ne derivano (si pensi a cave o discariche ma anche agli interventi edilizi importanti), costituiscono un pericoloso incentivo a delinquere. La modestia delle sanzioni, inoltre, contrasta con la direttiva 2014/52/UE, art. 10bis, dove si stabilisce che le «sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive».
7) La fase transitoria
Nei procedimenti in corso, su istanza del proponente, può essere applicata la nuova disciplina che prevede anche – nel caso di opere pubbliche – un Provvedimento unico in materia ambientale, «comprensivo di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atto di assenso in materia ambientale, richiesto dalla normativa vigente per la realizzazione e l’esercizio del progetto» (art. 16, comma 1).
Rimane salva la possibilità del proponente di ritirare l’istanza presentata e presentarne una nuova ai sensi del D.Lgs. 401/2017.
In questo ultimo caso potrebbe rientrare – tra le tante grandi opere che costituiscono una minaccia per la salvaguardia dell’ambiente antropizzato – il progetto per il nuovo aeroporto di Firenze, per la realizzazione del quale la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA aveva indicato ben 142 prescrizioni. La nuova procedura consentirà certo di superarle, ma non di superare i rischi derivanti dalla costruzione dell’opera che quelle prescrizioni avrebbero verosimilmente scongiurato.
8) Introduzione della contrattazione
I proponenti e l’autorità competente potranno in ogni momento mettersi d’accordo sul grado di definizione del progetto. Lo sancisce l’art. 9 del D.Lgs.: «Il proponente ha la facoltà di richiedere, in qualunque momento, una fase di confronto con l’autorità competente al fine di definire la portata delle informazioni e il relativo livello di dettaglio degli elaborati progettuali necessari allo svolgimento del procedimento di VIA». Trattative di questa natura si collocano agli antipodi rispetto alla trasparenza del processo decisionale invocata in premessa dalla direttiva europea (punto 16), che dovrebbe favorire sia la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali, sia il sostegno alle decisioni adottate.
9) Riduzione dei tempi
Il D.Lgs. introduce tempi contingentati per i pareri tecnici, ivi compreso il ricatto ai dirigenti responsabili dell’iter procedurale che ne risponderanno da un punto di vista disciplinare.
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