December 2, 2025

Alla sesta giornata consecutiva e alla quinta notte passata all’aperto, la protesta dei lavoratori dell’indotto Enel non accenna a fermarsi. Il presidio alla strada che porta all’ingresso della centrale “Federico II” continua senza pause: centinaia di operai, circa 300 secondo le stime, presidiano l’area giorno e notte chiedendo garanzie scritte sul proprio futuro occupazionale.

Da una settimana lo scenario è sempre lo stesso: tende improvvisate, coperte, caffè caldo portato a turno dai colleghi, un tratto di strada che diventa punto di raccolta e di resistenza. È una mobilitazione nata dal basso, senza proclami, alimentata dall’incertezza che grava su chi finora ha lavorato nel ciclo del carbone e oggi teme di essere espulso da una transizione energetica che procede senza tutele adeguate.

Oggi, lunedì 2 dicembre, la tensione sale ulteriormente: alle 15 è previsto in Confindustria l’incontro tra Enel e i sindacati confederali, convocato per discutere del futuro dell’indotto e dei nuovi cantieri legati alla riconversione del sito di Cerano. È la prima occasione concreta, dopo giorni di protesta, per verificare se alle parole seguiranno impegni vincolanti.

 

Le ragioni della protesta

Le prime avvisaglie erano arrivate il 27 novembre, a dieci giorni dall’ultimo vertice romano sulla reindustrializzazione. Quella mattina circa 200 lavoratori si erano riuniti davanti ai cancelli di Cerano, denunciando «poche certezze e nessuna comunicazione» sul destino degli indiretti, mentre i cantieri delle ditte appaltatrici venivano spostati in aree giudicate insicure.

Gianluca Volpe, Fim Cisl Taranto-Brindisi, ha sintetizzato il punto di rottura: il decreto che avrebbe dovuto rinviare la chiusura della centrale al 2026 non è mai arrivato, nonostante le rassicurazioni estive. «Ogni settimana dicono che sta per essere pubblicato, ma non c’è nulla. Abbiamo chiesto un confronto al prefetto, non siamo stati convocati», afferma. Nel frattempo, i cantieri vengono ricollocati «a un metro e mezzo dai domi, in zone dove il carbone è ancora presente e senza servizi essenziali».

È un tema di sicurezza, oltre che di dignità. «Se togli anche i servizi minimi diventa impossibile lavorare», avverte Volpe. Il primo spostamento dei cantieri è fissato per il 1° dicembre: un passaggio che rischia di aggravare un clima già teso.

 

Licenziamenti già avviati e un’emorragia silenziosa

La protesta di Cerano non nasce nel vuoto. Molti addetti alla movimentazione del carbone hanno già ricevuto la lettera di licenziamento o temono che arrivi nei prossimi giorni. Le situazioni più critiche riguardano gli operai della Sir e della compagnia portuale Briamo, colpiti da tagli ormai in atto.

«Questi padri di famiglia non possono essere lasciati soli», è l’appello che arriva dal presidio. Enel viene chiamata alle proprie responsabilità, non solo morali: la transizione energetica non può tradursi in una perdita secca di posti di lavoro senza percorsi di reinserimento reali.

Roberto Aprile, Cobas Brindisi, lega la mobilitazione alle «risposte insufficienti» emerse nell’ultimo tavolo sulla decarbonizzazione. Domani è previsto lo sciopero generale cittadino, annunciato come un momento in cui «la città intera dovrà far sentire la propria voce: lavoratori, studenti, disoccupati. Il futuro di Brindisi è in gioco».

 

Un futuro incerto, una richiesta chiara

A Roma, nelle scorse settimane, il ministro Urso ha parlato di 61 progetti candidati per la reindustrializzazione e di un Accordo di Programma atteso nei primi mesi del 2026. Numeri importanti, ma privi di dettagli sulle mansioni future, sulle garanzie per gli appalti in fase di esaurimento e sugli ammortizzatori sociali necessari per accompagnare la transizione.
A mancare alla risposta – come sostenuto da tempo da alcuni osservatori – sono proprio le aree che Enel avrebbe dovuto dismettere e le certezze sulle fonti di finanziamento per le imprese green.

La mobilitazione di Cerano nasce esattamente da qui: dalla distanza tra i piani annunciati e la realtà di chi domani rischia di non avere più un posto di lavoro.

L’attesa per l’incontro di oggi

Il presidio resterà attivo anche oggi e nelle prossime ore, fino a quando non arriveranno impegni scritti. Gli operai lo ripetono da giorni: non chiedono promesse, ma certezze verificabili.

L’incontro delle 15 in Confindustria è considerato uno snodo decisivo. Da quello che emergerà dipenderà non solo la prosecuzione della protesta, già entrata nel suo sesto giorno, ma anche il clima sociale in un territorio che vive la transizione energetica come un passaggio irrinunciabile, purché non pagato dal territorio sotto forma di perdita di posti di lavoro.

Il presidio attende risposte. E ormai il tempo a disposizione è scaduto.

Ore.Pi.

Comments are closed.