Sulla vicenda del progetto per la realizzazione del “gasdotto TAP” torna in questi giorni il balletto delle polemiche sulla localizzazione dell’approdo dopo che la Regione Puglia ha improvvidamente rilanciato il tema della individuazione di un nuovo sito tra Brindisi e Lecce.
Si é giunti addirittura ad indicare tre località alternative, senza che, del tutto inopinatamente, si avesse il buongusto non dico di concordare ma almeno di “avvisare” quelle comunità locali e le loro istituzioni.
Una iniziativa irresponsabile perché alimenta ancora demagogicamente l’idea che si possa per davvero a questo punto scegliere un sito alternativo a quello di San Foca.
Una scelta che é il risultato dell’attività di indagine tecnico-scientifica svolta tra il 2003 e il 2011 e che ha portato a individuare l’area dell’attuale approdo, San Foca, quale soluzione ottimale in termini di fattibilità tecnica, di sicurezza e di impatti ambientali, socio-economici, nonché sull’uso del suolo e sul patrimonio storico-culturale. Un sito che non interferisce con le aree protette in mare e sulla terra e il tracciato onshore indicato si trova in aree agricole e non urbanizzate.
Tale scelta ha prodotto un progetto che dopo un lungo iter istruttorio ha acquisito lo scorso anno il parere positivo del comitato nazionale VIA.
La Regione Puglia, legittimamente, per quanto a mio parere del tutto demagogicamente, ha negato il concerto per il rilascio dell’autorizzazione integrata, ultimo atto del lungo iter procedurale.
La stessa Regione ha inteso accompagnare tale posizione con la richiesta di riesame del sito: una scelta che, ove accolta, porterebbe ad azzerare l’iter finora seguito e, quindi, il progetto redatto su cui c’è stata l’espressione favorevole di VIA e porterebbe, sostanzialmente, a riaprire un nuovo procedimento istruttorio e valutativo.
Una ipotesi che allungherebbe i tempi di cantierizzazione dell’opera, prevista per l’inizio del 2016, di almeno due anni. Una prospettiva, ovviamente, non sostenibile dall’Italia che ritiene tale infrastruttura strategica perché diversifica i mercati di provenienza per l’approvvigionamento del gas, la principale fonte energetica che viene utilizzata nel nostro paese. Ed insostenibile anche per il Consorzio che sta realizzando il gasdotto e per i vari paesi coinvolti che, nel caso in cui l’Italia decidesse di mettere in discussione l’attuale progetto approvato, hanno già avanzato l’ipotesi di spostare il percorso del gasdotto utilizzando la dorsale balcanica.
Per tali ragioni sono convinto che l’iter debba essere concluso e sono certo che lo sarà perché siamo di fronte ad un’opera di cui il nostro paese ha fortemente bisogno per i prossimi decenni e sono convinto, altresì, che si tratti di una infrastruttura del tutto sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.
Argomenti di grande rilevanza per il futuro del nostro paese che sono ben noti anche ai tanti esponenti politici pugliesi che su questa vicenda da tempo continuano a dare pessima prova, rinunciando alla prima qualità che dovrebbe avere chi ha davvero a cuore gli interessi generali e non le proprie carriere: ovvero raccontare la verità, usare lo stesso linguaggio a Melendugno, a Bari e a Roma, discutere con serietà, rigore e competenza, rifuggire da inutili e deleteri atteggiamenti demagogici, insomma agire con l’etica della responsabilità mettendoci la faccia anziché sollecitare reazioni istintive ed emotive dell’opinione pubblica.
Ma comincio a dubitare che ciò possa ancora accadere.
Sen. Salvatore Tomaselli – Capogruppo PD Commissione Industria
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